Il Leggendario Sforza-Savoia è uno dei capolavori della miniatura rinascimentale, nonché il codice miniato più prezioso della Biblioteca Reale di Torino.
Il manoscritto fu realizzato nel 1476 per il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza e per la consorte Bona di Savoia. Il nome “Leggendario” deriva dal contenuto dell’opera: il volume è infatti una raccolta di storie – o leggende – tratte dai Vangeli Apocrifi e dal Nuovo Testamento. In particolare, il testo racconta le vicende di Gioacchino e Anna, di Maria, di Gesù e del Battista, con una parte conclusiva dedicata all’Apocalisse.
Il racconto è accompagnato da un apparato illustrativo ricchissimo: ben 324 grandi scene miniate (spesso due per pagina) realizzate da Cristoforo de Predis. La vena narrativa delle illustrazioni e la spiccata potenza visiva dell’insieme fanno del Leggendario una sorta di spettacolare romanzo illustrato del Rinascimento italiano.
Ma com’è arrivato a Torino il Leggendario Sforza-Savoia? Secondo una fonte antica, quando Galeazzo Maria Sforza dovette allontanarsi dalla città per motivi guerreschi, affidò il libro a una monaca di un convento milanese: alla morte improvvisa del duca, nessuno reclamò il codice, che passò in seguito alla famiglia del conte Toesca. Nel 1841 il codice fu poi donato al re Carlo Alberto di Savoia, e da allora fa parte della Biblioteca Reale di Torino.
La Biblioteca Reale di Torino fu istituita da Carlo Alberto nei primi anni del suo regno (1831-1849), quando diede incarico al conte Michele Saverio Provana del Sabbione di raccogliere quanto rimasto del patrimonio librario dopo la donazione di Vittorio Amedeo II all’Università di Torino e dopo le sottrazioni dovute alle spoliazioni dell’età napoleonica.